Quest'anno la
stagione delle olive è iniziata in anticipo, come accade ormai per molti raccolti a causa del caldo anomalo. Eppure, nonostante l’arrivo precoce, le
olive sono poche, e le mani che dovrebbero raccoglierle scarseggiano ancora di più. Oggi, come una volta,
manca la forza lavoro nei campi, e le
storie dei braccianti sembrano lontane, ma profondamente radicate nella nostra cultura.
In passato, le campagne pugliesi erano animate da uomini, donne e ragazzini che si alzavano all’alba per lavorare la terra. Tante donne, braccianti agricole, non possedevano nulla e si guadagnavano da vivere nei campi dei proprietari terrieri. Queste donne, prima di partire, impastavano il pane o sistemavano la casa, e poi si mettevano in viaggio per lunghe ore di lavoro sotto il sole. Le coltivatrici dirette, con un po’ di terra, stavano leggermente meglio, ma la vita nei campi era dura per tutti.
La tradizione del bracciantato agricolo in Puglia affondano le loro radici in secoli di lotte e sacrifici, e sono raccontate in modo straordinario nel libro "La memoria che resta" di Giovanni Rinaldi, scrittore originario di Cerignola. Questa opera rappresenta una delle ricerche più esaustive sulla vita dei braccianti nel Tavoliere, partendo dai primi del Novecento fino agli anni Settanta. Attraverso canti, storie di vita e fotografie, il libro ci porta nel quotidiano di chi ha lavorato duramente nei campi, con l'unico obiettivo di sfamarsi e guadagnare un pezzo di pane. Questo viaggio storico ci racconta anche delle loro prime battaglie per i diritti, a partire dal 1700 fino alla conquista simbolica del Primo Maggio.
Oltre al libro, Giovanni Rinaldi ha creato un archivio sonoro on line dedicato alla Puglia, che raccoglie canti, racconti, interviste. In questo archivio si trovano persino i canti e le testimonianze di persone che un tempo vivevano nel mio paese, San Giovanni Rotondo. E' un patrimonio unico che conserva le voci di chi ha vissuto quei tempi, mantenendo viva la memoria dei braccianti pugliesi e lasciandoci un'eredità inestimabile!
Una storia che mi è sempre rimasta impressa, e che si collega al mondo dei braccianti, è quella "Dell'uovo di Cianna de Nonna" . Mio padre e mio zio me la raccontavano spesso, ed è una vicenda che si è diffusa in tutto il paese nel tempo. Durante il lavoro nei campi i braccianti mangiavano spesso pane raffermo bagnato nell'acqua, condito con in po' di olio, la cosiddetta "acquasala fredda". A volte, se fortunati pane con le olive, cipolle o legumi ma il pasto era semplice e povero.
Molto spesso però il proprietario dei campi, alla fine della giornata preparava un pasto veloce per tutti i braccianti il "pancotto" o " l' acquasala calda", che veniva servito in un unico piatto condiviso. Una sera, racconta una storia che si tramanda nel mio paese, San Giovanni Rotondo, il proprietario preparò "l' acquasala con le uova" con al centro un unico uovo alla coque.
I braccianti erano tanti, ma nessuno osava prenderlo: forse per rispetto, forse per vergogna o per timore. Alla fine il proprietario disse: " Avete lasciato l'uovo, siete così sazi? E quella grascia puttana!" E se lo mangiò lui. L' episodio nel tempo, ha dato vita all'espressione "l'uovo di Cianna de Nonna", diventata un simbolo di avarizia, che rappresenta chi, pur avendo poco da offrire non condivide nemmeno quel poco.
Tornando a noi, quei braccianti pugliesi vivevano una vita di sacrifici. Dormivano su giacigli improvvisati e affrontando ogni giorno la fatica e la povertà, legati profondamente alla terra. Ogni giornata nei campi era un atto di sottomissione ma anche di resistenza silenziosa.
Gli ulivi che dominano il nostro paesaggio sono testimoni di queste storie. Sono colonne della nostra identità e hanno visto passare generazioni di uomini e donne che hanno lavorato queste terre. Non si può pensare alla Puglia senza ulivi, proprio come non si può immaginare il mare senza onde. Sono parte della nostra anima, della nostra storia e del nostro presente.
Per celebrare questo legame tra terra e tradizione, concludo con una ricetta semplice ma simbolica: "Lu crusc". Prendete una fetta di pane, abbrustolitela sulla brace, strofinatela con un po’ d’aglio e conditela con dell’olio novello, il primo olio della stagione, fresco e ricco di sapore. Le sue note fruttate e leggermente piccanti trasformano un piatto umile in un omaggio alla tradizione e alla dolcezza infinita della nostra terra.
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